"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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sabato 10 marzo 2012

Il Vangelo della domenica. Commento di Don Umberto Cocconi.



«Il coraggio, a volte, salta di una generazione».

pubblicata da Don Umberto Cocconi il giorno sabato 10 marzo 2012 alle ore 15.22 ·
Giovanni 2,13-25:  Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato». I discepoli si ricordarono che stascritto: Lo zelo per la tua casa mi divora. Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome. Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti  e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro, egli infatti sapeva quello che c’è in ogni uomo.

E’ un Gesù indignato quello che ci si presenta nel vangelo di oggi. Non ne può davvero più. Non sopporta più un certo stato di cose. C’è in lui non solo rabbia, ma disgusto. Un Gesù che ti fa paura, ti sorprende, ti spiazza – ti dice cose che ti fanno male. E forse non c’è altro modo per dirle che compiere un segno destabilizzante. Questo gettare a terra tutte le cose, questo brandire una frusta è per svegliarci dal torpore, da una pericolosa assuefazione che paralizza la nostra vita. «Non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato».  La casa del Padre, il tempio, è divenuto un luogo di commercio, dove si pretende di comprare Dio, di piegarlo ai propri interessi, alle proprie logiche meschine.

Ma ti pare possibile comprare il favore di Dio con i tuoi spiccioli? Pensi di poterlo “ingabbiare” in una Chiesa, oppure di convincerlo a farti una grazia, corrompendolo attraverso un fioretto? Ormai siamo diventati dei mercanti che comprano e vendono ogni cosa. Ciò che importa è fare affari. Usiamo Dio come un distributore automatico di grazie e di indulgenze: mettiamo un gettone e pretendiamo automaticamente di essere esauditi.  Ma qual è il culto gradito a Dio? «Io  – dice il Signore Dio – detesto, respingo le vostre feste solenni e non gradisco le vostre riunioni sacre; anche se mi offrite i vostri olocausti, io non gradisco le vostre offerte, e le vittime grasse come pacificazione io non le guardo. Lontano da me il frastuono dei vostri canti: il suono delle vostre arpe non posso sentirlo! Piuttosto, come le acque scorra il diritto e la giustizia come un torrente perenne!» (Amos 5, 21-23).

Gli uomini gradiscono ricevere danaro. Anche gli uomini di chiesa non lo disdegnano. Ma Dio lavora gratis. Non ama essere pagato. E’ un’altra la moneta che gli deve essere offerta. L’apostolo Paolo afferma: «Vi esorto a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio: è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo» (Romani 12, 1-2). Il culto autentico è il dono di sé. Nella messa diciamo: «Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito». In latino, la parola sacrificio è resa con “oblatio”, “oblazione”, che significa dono, ossia “ciò che presentiamo, che portiamo davanti” a Dio. Ciò che Dio gradisce sei tu. Tu sei il più bel dono che puoi fare a Lui e all’umanità. «Entrando nel mondo Cristo dice: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece  mi hai preparato”» (Lettera agli Ebrei 10, 5). Quante volte Gesù avrà pregato con queste e altre parole, molto simili, che tanto spesso ricorrono nei Salmi e nei Profeti!

Il Padre stesso ha preso dimora nel corpo del Signore Risorto, di cui noi siamo le membra: membra del corpo di Cristo, mattoni viventi della Casa di Dio. Noi siamo le mani di Gesù Risorto perché continui a curare i malati, a consolare, ad assolvere; noi siamo i suoi piedi perché egli continui a camminare sui sentieri polverosi della storia fino alla sua esaltazione alla fine dei tempi. Noi siamo gli occhi di Cristo Risorto per fissare lo sguardo amorevole su chi si sente perduto e infondergli la forza di andare avanti. Si dice di un gruppo ben compatto: «Ma guarda: quelli lì hanno proprio “spirito di corpo”!». E “The Help” è proprio la storia di tre donne (Miss Skeeter, Aibileen e Minny) che dimostrano di avere un autentico “spirito di Corpo”. Ambientato negli anni Sessanta a Jackson, piccola cittadina del Mississippi. The Help racconta la storia del rapporto fra tre donne straordinarie, la cui amicizia è legata a un libro, scritto da loro, che infrange tutte le regole sociali conosciute, mettendo in pericolo la loro stessa sicurezza.

La giovane Skeeter è una ragazza bianca, intelligente e ambiziosa, diversa da tutte le altre che sognano solo una bella casa e un marito. Amante della scrittura, Skeeter decide di scrivere un libro assolutamente scioccante per l’epoca: un romanzo-verità che racconta la vita, le opinioni, le esperienze, il punto di vista delle domestiche di colore, spesso al servizio di supponenti donne bianche che le trattano come appestate. E pensare che sono proprio queste donne a crescere i loro bambini, a prendersi cura di loro e ad amarli quando i genitori sono troppo impegnati a “lustrare” la propria immagine pubblica. Aibileen, con tenerezza e premura, sa infondere nei figli non suoi una profonda fiducia. Sussurra tenere parole di conforto nelle orecchie delle giovani anime ignorate dai genitori, nella speranza che continuino a crescere gentili e consapevoli della loro unicità: «Sei carina, sei brava, sei importante.

Non dimenticarlo mai».  Di questo parla innanzitutto “The Help”:  del coraggio di opporsi alla propria condizione, per cercare un “altrove” in cui poter essere se stessi. La rivoluzione nasce anche da questo, dalla voglia di non far tacere la propria voce e di ribellarsi al sistema ogni giorno, con forza e costanza. Il manoscritto delle tre donne è la frusta di cui esse si servono per buttare all’aria la vita di questa Jackson-bene, intessuta di falsità e di ipocrisia.  Una storia che, nonostante le mille brutalità svelate dietro il variopinto abbigliamento bon ton, cerca di esprimere speranza e fiducia, conservando sempre una tonalità positiva, ottimista e perciò naturalmente aperta al futuro. Al termine della storia, uno dei personaggi del film afferma infatti: «Il coraggio, a volte, salta di una generazione».

DON UMBERTO COCCONI

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