"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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sabato 16 giugno 2012

Il Vangelo della domenica. Commento di Don Umberto Cocconi.




Pubblicato da Don Umberto Cocconi il giorno sabato 16 giugno 2012 alle ore 19,34

Dal vangelo secondo Marco: Gesù diceva alla folla: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? … Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura» Diceva: «È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Di fronte ai “piccoli” eventi naturali, insignificanti all’apparenza, Gesù sa meravigliarsi, come il primo uomo nel giardino di Eden. Il fatto che da un piccolo seme, un minuscolo granellino di senapa, possa nascere e crescere una pianta tanto grande da ospitare tra i rami gli uccelli del cielo mantiene ai suoi occhi tutto il suo carico di mistero. Di più, ci invita a sorprenderci con lui del fatto che ogni piccolo seme cresca in modo così prodigioso, come per virtù propria, spontaneamente, senza che l’uomo che l’ha seminato faccia alcunché. Il seme, all’apparenza così piccolo e debole, possiede una forza vitale straordinaria, che nulla può fermare. Gesù è capace di leggere negli eventi meravigliosi della natura qualcosa della bellezza e della forza del Regno di Dio. Gesù introduce il tema del Regno di Dio, che è il centro della sua predicazione, con una domanda al suo interlocutore (a ciascuno di noi, quindi), quasi a dirgli: come te lo immagini il regno di Dio? Fai tu una similitudine, un paragone, racconta tu stesso una parabola!

Meglio per noi, tuttavia, che sia poi lui a prendere l’iniziativa, perché noi facilmente ci perderemmo in concetti astratti, arditi sistemi teologici, disquisizioni metafisiche; lui invece ci sorprende perché ci parla del Regno di Dio attraverso le cose  più banali e povere di questo mondo. Immagina come saranno rimasti spiazzati gli uditori, specialmente i coltissimi scribi, quando hanno sentito Gesù paragonare il regno di Dio a realtà tratte dalla quotidianità – la natura, il mondo del lavoro, la vita in casa! “Il Regno di Dio è come un piccolo seme, il più piccolo di tutti”... Sconcertante per noi, che certo pensiamo al Regno di Dio come alla cosa più grande che si possa immaginare, che contiene tutto, ogni realtà presente e futura... Sorprendente, Gesù di Nazaret: sa farti sognare perché ti coglie di sorpresa, ti incanta e ti scuote, ti affascina.  Perché Gesù parla in parabole? Perché mai, per esprimere il Totalmente Altro, usa immagini assolutamente familiari e quotidiane?

Attraverso questo “espediente”, caro al mondo biblico e alla cultura ebraica in generale, Gesù cerca davvero il dialogo con l’uomo, con la dimensione che gli è più prossima: non si limita a ripetergli l’appello alla fede, ma propone alla sua intelligenza qualcosa di apparentemente semplice, elementare, su cui esercitare l’attenzione, qualcosa che può aiutarlo, orientarlo “dall’interno”. In questo modo, Gesù non rinunzia alla povertà e alla debolezza dell’Evangelo, non cede alla tentazione del discorso condotto col rigore persuasivo dell’umana sapienza o con la suggestione del linguaggio retorico. «Le parabole dovrebbero essere considerate la “frontiera” dell’Evangelo, il luogo in cui l’evangelo senza nulla perdere della sua trascendenza entra veramente in dialogo con gli uomini» (Comunità di Bose). << Inizio

Può sembrare strano, infatti, ma per annunciare autenticamente il Vangelo è necessario in qualche misura velarlo. E’ questo il vero carattere del racconto o della similitudine parabolica, che non sfocia mai, di regola, in una spiegazione piana ed esplicita, magari introdotta dalla formula: «Questo racconto ci insegna che...». La parabola di Gesù mantiene tutta la sua carica di enigmaticità, lascia all’ascoltatore il compito di comprenderla, lo interpella e lo costringe a interrogarsi, lo coinvolge in prima persona e lo impegna alla ricerca del senso. L’esortazione che spesso risuona, a mo’ di conclusione, è infatti: «Chi ha orecchie per intendere, intenda», cioè «chi è in grado di capire, cerchi di capire». «Le parabole sorgono dal cuore di Cristo, dalla sua passione per Dio e dal suo amore per l’uomo, dal bisogno impellente di svelare adeguatamente il volto del Padre, il segreto della sua opera di salvezza, la potenza del suo Regno e le conseguenze per la vita degli uomini» (Carlo Maria Martini).

Da un lato, esse parlano di Dio, della sua opera, delle conseguenze per la vita degli uomini, della risposta che Dio si attende; dall’altro, esse conservano un tratto spontaneo, non artificiale, nascono dalla vita stessa. E così il Regno progredisce di cuore in cuore, sdegnando gli effetti speciali: ha la forza inarrestabile della vita, chiede fiducia e ascolto, paziente fermezza, sensibilità da affinare nel tempo.
 “Hai sbagliato il cammino se disprezzi le cose piccole.”( J. M. Escrivà). L' uomo di Dio sa che Dio solo basta e perciò non calcola quanto ha in cassa, non tiene conto del budget: inizia l'opera quando dispone anche solo di un piccolo seme, che però può dare grandi frutti perché reca in sé tutta la potenza di Dio. E' un po' quello che accade a Bastiannel romanzo “La storia infinita”, quando del regno di Fantasia non resta che un granellino di sabbia: finché resta quel granellino, finché restano i suoi sogni e l'amicizia della principessa, il nulla non prevarrà su quel regno.

 Non so se il protagonista del film di Muccino “ La ricerca della felicità” abbia pensato a tutte queste cose quando, proprio mentre tutto sembrava perduto, ha saputo aggrapparsi a cose “piccole”, traboccanti però di tutta l'onnipotenza della sua ostinata ricerca della felicità e del suo legame col figlio. Probabilmente, quell'uomo non ha dimestichezza col Vangelo: eppure, dal suo granellino di senape vediamo crescere, inarrestabile, la grandezza di un regno di speranza, di fiducia e di amore. Quanto sarebbe umanamente facile fermare, paralizzare un povero diavolo che è stato lasciato dalla moglie, che ha perso l'ultimo scanner che poteva vendere, che ha perso la casa da cui è stato sfrattato... E invece no, niente e nessuno riesce a fermarlo. Sembra che un misterioso motore interiore lo renda capace di spostare le montagne. Non disprezza le piccole cose, è fedele e felice nel poco, il nostro eroe. Da “poco e niente” possono nascere le cose grandi, e questo è vero nel bene come nel male. Sta a noi decidere di non far crescere le cose cattive e di alimentare invece le buone. Qual è la cosa più cattiva?

E’ il seme del nulla che ci abita, ospite inquietante che impedisce al buon granellino di senapa di crescere e di diventare un grande arbusto: la malinconia, come dicevano gli antichi, o il nichilismo, come diciamo noi moderni. Una specie di “spirito cattivo”, di “umore nero”, una bile avvelenata che ci fa vedere solo quello che ci manca per realizzarci e ci fa trovare l'ennesimo pretesto per non metterci all'opera. Una delle battute più esemplificative del film è quella che il padre, Chris Gardner (Will Smith), pronuncia rivolgendosi al figlioletto: «Non permettere mai a nessuno di dirti che quello che desideri è irraggiungibile... Se hai un sogno, devi difenderlo... Se vuoi qualcosa, vai e prenditela. Punto. Se credi veramente in te stesso puoi agire e modificare il tuo destino». Certo, non sempre volere è potere, e neppure è giusto che sia così. Ma se il sogno è bello, se il desiderio è degno, possiamo credere che il Dio della vita libererà la forza nascosta nel piccolo seme, lo aiuterà a crescere contro le tempeste e le aridità, ne farà il grande albero che merita di diventare.
(DON UMBERTO COCCONI)

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