"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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giovedì 16 agosto 2012

Il Vangelo della festa di Santa Maria Assunta. Commento di Don Umberto Cocconi.





Pubblicato da Don Umberto Cocconi il giorno mercoledi 15 luglio 2012 alle ore 23,58

Dal Vangelo secondo Luca: In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva ... ». Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
 
La Morte della Vergine è un grande dipinto a olio su tela (i personaggi  vi sono rappresentati a grandezza naturale), realizzato nel 1604 da uno dei più celebri e amati artisti di ogni tempo, Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio. In un interno buio e dimesso, un gruppo di “persone qualsiasi”, di gente del popolo, è raccolto attorno al cadavere di una donna, distesa su una tavola. In realtà, non si tratta di personaggi anonimi, di “gente qualsiasi”: sta qui il fatto sconvolgente, la sorpresa che spiazzerà non solo i committenti, ma tutti coloro che da secoli contemplano quest’opera straordinaria (attualmente conservata al Museo del Louvre, a Parigi). 

Tra le opere oggi più lodate della sua intera produzione, la Morte della Vergine provocò a suo tempo un tale scompiglio tra il clero, gli artisti dell’Accademia e i benpensanti da rimanere interdetta alla visione di chiunque, fino al momento in cui venne acquistata per 300 scudi dal duca di Mantova  (su consiglio del suo pittore di corte, un altro grande che ben sapeva riconoscere il genio: Pieter Paul Rubens). L'opera suscitò un tale interesse nell'ambiente degli intellettuali e degli alchimisti romani che furono fatte molte pressioni perché fosse esposta al pubblico prima del suo trasferimento  a Mantova. Nell’aprile del 1607, prima di essere spedito alla corte di Vincenzo Gonzaga, il quadro venne infine esposto a grande richiesta, con un incredibile successo. «Certo m’è stato di soddisfattione il lasciarla goder a satietà» scriveva l’emissario del marchese al suo signore, «perché è stata commendata di singolar arte».

Tutt’altra reazione aveva suscitato il grande dipinto quando  venne esposto per la prima volta nella cappella privata di Laerzio Cherubini, in Santa Maria della Scala a Roma: fu subissato di contestazioni e fatto rimuovere.  Secondo i biografi del Caravaggio, la tela fu rifiutata perché ritenuta oltraggiosa: secondo Bellori “per havervi troppo imitato una donna morta gonfia, per il Baglione  perché havea fatto con troppo poco decoro la Madonna gonfia , e con gambe scoperte“, secondo il Mancini invece perché ” havea ritratto una cortigiana“. Un altro elemento che sconcertò i contemporanei fu che il tema della morte della Vergine venne affrontato dal Caravaggio in modo esplicito e crudo. Tradizionalmente, questo episodio (che peraltro non compare nelle Sacre Scritture) veniva rappresentato come la “Dormitio Virginis”, la dormizione, il sonno della Vergine, per sottolineare il fatto che la morte della Madre del Signore è stato un passaggio, un breve preludio prima della sua Assunzione in cielo; tant’è che di solito gli artisti rappresentavano prevalentemente l’Assunzione, non la morte di lei. Caravaggio invece mostra senza alcun “filtro” un cadavere, un corpo terreo, gonfio, inerte, che è stato abbandonato dalla vita. Una prassi del tutto insolita e all’apparenza poco rispettosa nei confronti della Madre del Signore.

A distanza di più di quattro secoli, la grande tela non ha ancora smesso di “colpire” a fondo chiunque si dedichi a osservarla. Un piccolo gruppo di personaggi – gli apostoli – è intento a vegliare il corpo della Vergine, steso su uno spoglio catafalco. Maria ha una posa naturale: una mano sul grembo, il braccio sinistro abbandonato su un cuscino. Del suo corpo, gonfio e livido, si scorgono anche i piedi nudi. Il suo abito rosso vermiglio spicca non poco nella penombra. Intorno a lei, gli apostoli addolorati; in primo piano la Maddalena affranta, seduta su una semplice sedia, che piange con la testa tra le mani. La tonalità cromatica molto scura è ravvivata dal rosso della veste di Maria e della tenda che scende dall’alto. Stupenda, oltre all'illuminazione, è la composizione: gli apostoli (anziani e meno anziani, con diversi atteggiamenti che li individuano, li distinguono, pur nel comune dolore) si stringono attorno al tavolaccio dove è distesa la donna, formando, in linea col corpo e col braccio di lei, una croce perfetta. L’enorme drappo rosso che sovrasta la scena dà equilibrio al dipinto, e nel contempo (come avverrà poi nella Madonna del Rosario che Caravaggio realizzerà a Napoli) incombe sulla composizione «quasi fosse il sipario sollevato su un palcoscenico dove si recita l’epilogo di un dramma verista».

L’ambiente, il modo di raffigurare i personaggi, tutto trasmette un’impressione di povertà; sembra non esservi nulla che renda omaggio alla santità della Vergine Maria. E tuttavia, Caravaggio non è certo artista ingenuo: gli antefatti storici (la scelta della modella, ad esempio, probabilmente una prostituta, amata dall’artista o un’altra, comunque a lui nota, l’una morta di parto, l’altra di idropisia, in fama di santità) non sono determinanti, o meglio non sono limitanti. Ogni elemento dei suoi dipinti (dalla composizione fino a elementi apparentemente secondari) si presta a una pluralità di letture simboliche.  I piedi nudi (della Vergine, degli apostoli) non sono forse il simbolo dell’umiltà? Il catino, raffigurato alla base del dipinto, rinvia alla pia pratica del lavaggio del cadavere, ma è oggetto spesso ricollegato al momento del parto. Potrebbe alludere alla seconda nascita di Maria: dal suo ingresso nella vita terrena all’ingresso nella vita eterna. L’allusione potrebbe ugualmente riguardare la sua divina maternità. Il ventre gonfio non rinvia forse alla Grazia divina, di cui è per sempre "gravido" il grembo di Maria? La Vergine, fra l’altro, è ritratta come una donna ancora giovane, quasi un’immagine della Chiesa immortale. Attraversando la morte, non diversamente dal Figlio, Maria diventerà dunque per sempre la Madre della Chiesa – di una Chiesa esperta in umanità e pronta a compatire ogni sofferenza, ogni dolore, innanzitutto quelli degli “ultimi”. Caravaggio dunque non si sente blasfemo nel ritrarre i piedi della Vergine o il suo ventre gonfio. La descrizione intensamente realistica consente invece al pittore di ritrarre una scena di umano e sincero dolore, immediatamente comprensibile anche agli spettatori più umili. Uno degli elementi più rivoluzionari della teologia caravaggesca consiste infatti proprio nella ricerca di Dio nel mondo dei piccoli e dei poveri. Anche nei lividi chiaroscuri della Morte della Vergine si sente risuonare quindi il canto del Magnificat.

E tuttavia, l’artista lombardo non parte da un’esplicita meditazione sulla santa incorruttibilità del corpo di Maria, ma dal mistero della morte di una donna, da poco deceduta, colta in tutta la sua concretezza. Nella sua poetica, dipingere “dal vero”, lavorando con scrupolo sulla veridicità di ogni particolare, non toglie certo grandezza al soggetto sacro rappresentato. Al contrario, permette di accostarvisi in modo più semplice e immediato, rendendo omaggio alla sacralità del reale, rappresentato nella sua povertà e verità, nel suo limite, nel suo dramma di tenebra e di luce: tale è la vita, la vita umana in particolare, che Dio ha amato fino a penetrarla, fino a farsene totalmente carico e a redimerla “dall’interno”. Nessun artista quanto Caravaggio è pittore dell’Incarnazione.
(DON UMBERTO COCCONI)


 
 

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