"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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domenica 9 settembre 2012

Il Vangelo della domenica. Commento di don Umberto Cocconi.








Pubblicato da Don Umberto Cocconi il giorno domenica 9 settembre 2012 alle ore 7,52


Dal Vangelo secondo Marco: Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

«Effatà», cioè: «Apriti!». E’ questa la parola chiave del vangelo di oggi. L’evangelista Marco ce l’ha conservata nella lingua parlata da Gesù, l’aramaico, perché ne possiamo cogliere tutta la forza ed efficacia. Anche noi non siamo molto spesso sordi e muti, incapaci di ascoltare ciò che succede intorno a noi, oppure incapaci di donare parole di vita? Siamo sordi e quindi muti, con le labbra sigillate, incapaci di dire la parola che sola potrebbe cambiare la storia – la nostra, quella di altri... La forza della parola, anche di una parola soltanto, è inimmaginabile. Può fare un immenso bene o un immenso male: può creare o distruggere. «Le parole, quando arrivano a molte persone, quando raccontano di certi poteri, diventano assai pericolose. Assai pericolose perché il rischio è che a difenderle debba essere il tuo corpo, il tuo sangue, la tua stessa carne» (Giorgio Saviane). Cambia il mondo se cambiano le nostre parole e il nostro mondo potrebbe diventare molto diverso da quello che è.

Che cosa si dirà di te, un giorno, come ti piacerebbe essere ricordato? Qual è la traccia che vorresti lasciare in questo mondo? Qual è il segno che lascerai e che renderà il mondo – come direbbe Baden-Powell, il fondatore degli scout – “un po’ migliore di come lo hai trovato”? Di Gesù la gente diceva: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!». Gesù è uno che ci fa parlare, che fa di noi uomini di relazione, in grado di vivere l’incontro con l’altro, con gli altri, di ascoltare e di condividere, invece di vivere come prigionieri, chiusi in noi stessi. Chi sono state le persone che hanno fatto grande la nostra vita? Quelle che ci hanno fatto ascoltare cose che prima non eravamo in grado di udire, che ci hanno dato la possibilità di sintonizzarci su nuove melodie, che ci hanno aiutato ad ascoltare la voce di Dio, a scoprire la sua presenza nel silenzio delle cose e dell’Essere e infine ad udire i suoni, le voci del mondo che è intorno a noi e dentro di noi? 

Sono passati cinquant’anni dal giorno in cui Bob Dylan compose Blowin’ in the Wind: era il 1962. In questa canzone così celebre, Dylan si rivolge fraternamente a ogni uomo, chiamandolo «my friend», amico mio, per porgli domande radicali: quanto dovrà camminare, affannarsi, lavorare e tribolare un uomo prima di potersi dire veramente uomo, ossia prima di scoprire la verità su se stesso, prima di comprendere il suo posto e la sua missione nel mondo? Nonostante il suo evolversi in migliaia di anni di civiltà, l’uomo non ha ancora preso coscienza di sé, va errando senza meta, senza trovar pace, come la candida colomba attraversa mari infiniti e non riesce a trovare ancora riposo sulla desiderata spiaggia. La guerra continua ad “oscurare” il cielo con le sue esplosioni di violenza: quanto tempo dovrà aspettare l'uomo, prima di poter vedere la luce del sole, la Luce della libertà? Quante orecchie dovrà avere un uomo per riuscire a sentire il pianto di un altro? Per quanto tempo ancora continuerà a voltarsi da un’altra parte, fingendo di non vedere i rifiutati dalla vita? A tutti questi interrogativi vi è una sola risposta: "The answer, my friend is blowin'in the wind, the answer is blowin'in the wind".

La risposta c’è, dunque, «sta soffiando nel vento», aspetta solo di essere ascoltata ed accolta: l’uomo non è abbandonato alla sua impotenza, davanti all’abisso del proprio mistero. Non potremmo leggerla come l’invocazione allo Spirito Santo? Occorre avere i sensi all’erta, le orecchie spalancate e gli occhi ben aperti, per riconoscere il soffio, appena percettibile, del Vento che tutto cambia, sconvolge e rinnova. Non è evidente l’analogia con la pagina biblica che racconta di Elia al monte Oreb? Il profeta Elia, sconsolato e triste, va alla ricerca di Dio alle pendici del monte Oreb: «Ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna...». Durante un grande raduno giovanile a Bologna, Giovanni Paolo II, rivolgendosi al menestrello Bob Dylan che era lì presente, disse, a commento di questa canzone: «Tu dici che la risposta è nel vento, amico mio. E' vero: ma non è un vento che spazza via le cose. Questo vento è il respiro e la vita dello Spirito Santo, la voce che ti chiama e ti dice: “vieni!” Mi avete chiesto: quante strade deve percorrere un uomo per potersi riconoscere uomo? Vi rispondo: una! Una sola è la strada dell’uomo, e questa è Cristo, che ha detto “Io sono la via”. Egli è la strada della verità, la via della vita. Vi dico perciò: ai crocicchi in cui si intersecano i tanti sentieri delle vostre giornate, interrogatevi sul valore di verità di ogni vostra scelta.

Può succedere, talora, che la decisione sia difficile e dura, e che la tentazione del cedimento si faccia insistente. Capitò già ai discepoli di Gesù, perché il mondo è pieno di strade comode e invitanti, strade in discesa che s’immergono nell’ombra della valle, dove l’orizzonte si fa sempre più ristretto e soffocante. Gesù vi propone una strada in salita, che è faticosa da percorrere, ma che consente all’occhio del cuore di spaziare su orizzonti sempre più vasti. A voi la scelta: lasciarvi scivolare in basso verso le valli di un piatto conformismo o affrontare la fatica dell’ascesa verso le vette su cui si respira l’aria pura della verità, della bontà, dell’amore... Sì, Gesù ha parole di vita eterna; in Lui tutto è redento e rinnovato. Con Lui è veramente possibile “cantare un canto nuovo”». Nel vangelo di oggi, pare davvero di vedere il Signore Gesù nell’atto di ri-creare, di liberare questa rinnovata capacità di vita, di comprensione e di espressione, dalle profondità dell’uomo prigioniero. E tutto in un sospiro, in un Soffio, in una sola parola: «Effatà», «Apriti!».
(DON UMBERTO COCCONI)

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