"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


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domenica 26 maggio 2013

Il Vangelo della domenica. "Il passato non è ripetibile. Lo Spirito guida nel futuro". Commento di don Umberto Cocconi.



Pubblicato da Don Umberto Cocconi   il giorno domenica 26 maggio 2013 alle ore  8,06


Disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annunzierà» (Vangelo secondo Giovanni).
 
Gesù avverte i suoi discepoli di avere “molte cose ancora da dire loro”, ma che “in quel momento non sono ancora capaci di portarne il peso”. Che cosa intende dire? Forse, qualcosa di simile a ciò che talvolta diciamo anche noi ai nostri ragazzi: “Queste cose adesso non le puoi capire, le capirai più avanti, quando sarai più grande”, ossia: ora sei piccolo, queste sono cose grandi, quando sarà il momento capirai tutto, ora non sei pronto! Gesù sapeva che i discepoli non erano ancora pronti a portare il “peso” della croce, intuiva che il loro sguardo non era ancora in grado di sostenere il grande “spettacolo” della croce, che di certo li avrebbe accecati. In più occasioni, gli apostoli avevano dimostrato di non comprendere le parole di Gesù: “Quel  linguaggio è davvero duro, chi mai può capirlo?”. I discorsi del maestro suscitavano nel cuore dei discepoli stupore, sconcerto, paura, “scombussolamento”; solo grazie all’azione dello Spirito Santo essi avrebbero potuto conoscere davvero i pensieri di Dio. In ogni verità c’è infatti un “peso specifico” che non sempre siamo capaci di portare nel nostro cuore, una rivelazione imprevista e affascinante che ancora non siamo capaci di custodire e di capire. E’ necessario pertanto prepararsi, aprire il cuore, aprire la mente. 
 
Dice Sant’Agostino: «Che altro è vivere felicemente se non possedere qualcosa di eterno, conoscendolo? Nessun bene si conosce perfettamente se non lo si ama perfettamente». Forse, soltanto chi è pronto a orientare completamente la propria vita verso il bene degli altri può entrare in sintonia con questa onda crescente d’amore che il Signore desidera donarci. Per questo Gesù assicura che per conoscere bisogna lasciarsi “illuminare” dallo Spirito. Solo se ti apri alla sua luce puoi conoscere l’intima verità delle cose e aprirti così davvero al mondo. E non solo: Gesù ci assicura che «quando verrà lui, lo Spirito della verità vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà ciò che avrà udito e vi annuncerà» –  questo è importantissimo – «le cose future». L’azione dello Spirito è una continua ri-proposizione del messaggio di Gesù: non è un nuovo messaggio o una rivelazione nuova. Piuttosto, lo Spirito ci sospinge verso il futuro, facendoci comprendere più profondamente la rivelazione del Padre e del Figlio. Non dimentichiamo però che lo Spirito ha il compito di “fare nuove tutte le cose”. In primo luogo, quindi, esso farà da guida ai discepoli conducendoli a tutta la verità, introducendoli cioè a una sempre più piena comprensione dell'insegnamento che Gesù ha trasmesso loro, e così facendo aiuterà i discepoli ad aprirsi e a leggere “i segni dei tempi”, alla presenza di Dio che sempre – come uno sposo - parla alla sua sposa. Lo Spirito Santo ha il compito di ‘svelare il senso’, di ‘interpretare’, come dice il verbo ananghéllein, che significa ri-annunziare, ri-evangelizzare.  Merita una particolare sottolineatura l'uso del verbo greco hodeghéo,  un composto del nome “strada maestra, via” (odòs) e del verbo “conduco” (ago), traducibile come “condurre”, accompagnare tenendo per mano, come fa Gesù con i suoi discepoli. Il significato esatto è “guidare” ma l'immagine di fondo, in questo contesto, è più ricca, perché  oltre all'idea della guida evoca anche il tema della lunghezza della strada da percorrere, con le sue difficoltà, i suoi pericoli, i suoi imprevisti, la fatica della marcia, tutti ingredienti che non è facile rendere nella nostra lingua con una sola parola.
 
Di speranza rivolta al passato, che si dovrebbe convertire in speranza verso il futuro, ci parla il film, “Il grande Gatsby”, grazie alla presenza narrante di uno dei protagonisti della vicenda, Nick Carraway, con una suggestiva sovrapposizione di immagini, voce e frasi scritte a penna. Il regista Luhrmann lascia a Nick il compito di raccontare la storia di Jay Gatsby nella sua esemplare, mutevole e sfuggente verità umana. Ambientato a New York e a Long Island durante l'estate del 1922, “Il grande Gatsby” è il più acuto ritratto interiore ambientato nella belle epoque, con le sue contraddizioni, il suo vittimismo e il suo decadentismo. Il film è incentrato sulle illusioni, sui ricordi di un passato che si vorrebbe far rivivere in una maniera diversa per poter cambiare il presente. Simbolo di tutto ciò è una luce verde, vicina alla casa di Daisy, che Gatsby osserva di continuo, sospirando e ripensando ai momenti felici passati con lei, con la convinzione di poterli far rivivere. Gatsby vive per il suo passato con la speranza di poterlo trasportare nel presente. Proprio per questo ha acquistato un gigantesco castello di fronte alla residenza di Daisy, nella speranza che la donna amata si rechi, prima o poi, a una delle sue sfarzosissime ed esaltanti feste. Questo verde, che trascolora l’ambiente,  non è solo il colore della speranza, ma anche quello dei soldi e della ricchezza, accumulata senza un briciolo di etica. La vicenda di Gatsby è un’esperienza, potremmo dire, tipicamente pascoliana, almeno da alcuni punti di vista: anche il poeta Giovanni Pascoli è prigioniero del suo passato, della famiglia d’origine alla cui perdita non riesce a rassegnarsi. Il poeta non riuscirà mai a costruirsi un futuro, a fondare una famiglia tutta sua, un “nido” nuovo, perché ai suoi occhi non sarebbe altro che un tradimento - e in questa tragica prigionia “del tempo che fu” saranno trascinate, con lui, anche le sue sorelle. Forse Jay Gatsby vive un dramma in qualche misura analogo: la sua “verde speranza” è protesa verso un passato che in realtà è irripetibile. Tutta la velleità delle aspettative del protagonista si manifesta proprio quando egli afferma: «Sì, il passato si può ripetere». Niente di più sbagliato, perché “chi si volge indietro non è adatto al Regno di Dio”. Ma se è il Regno ciò che veramente desideri, se è il Regno la realtà alla quale aspiri - aderendo alla Parola di Gesù, nell’azione efficace dello Spirito - allora non sei più sotto il dominio della carne, ma stai camminando secondo lo Spirito, che ti prende per mano e ti porta verso il futuro, lungo la strada maestra del vero Amore. Non volgerti verso il passato: il tuo “nido”, il futuro, non abita lì, nel tuo passato, è invece davanti a te. Corri in quella direzione!
(DON UMBERTO COCCONI)

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