"Al Condominni" poesia brillante in dialetto parmigiano di Bruno Pedraneschi,letta da Enrico Maletti

Estratto di un minuto del doppiaggio in dialetto parmigiano, realizzato nell'estate del 1996, tratto dal film "Ombre rosse" (1939) di John Ford. La voce di Ringo (John Wayne) è di Enrico Maletti


PARMAINDIALETTO Tv


Tgnèmmos vìsst
Al salùt pramzàn äd parmaindialetto.blogspot.com

“Parmaindialetto” è nato il 31 luglio del 2004. Quest’anno compie 16 anni

“Parmaindialetto” l’é nasù al 31 lùjj dal 2004. St’an’ al compìssa 16 an’

Per comunicare con "Parmaindialetto" e-mail parmaindialetto@gmail.com

L’ UNICA SEDE DI “Parmaindialetto” SI TROVA A PARMA ED E' STATO IDEATO DALLA FAMIGLIA MALETTI DI “PÄRMA”.







sabato 31 ottobre 2015

IL VANGELO DELLA DOMENICA. COMMENTO DI DON UMBERTO COCCONI.


Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:«Beati i poveri in spirito,perché di essi è il regno dei cieli.Beati gli afflitti,perché saranno consolati. Beati i miti,perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,perché saranno saziati. Beati i misericordiosi,perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore,perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace,perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia,perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. (Vangelo di Matteo)

·         La felicità del cielo è preparata per coloro che seppero essere molto felici sulla terra. Ma che cosa significa “beati”? Beati vuol dire felici.
·         Aspiriamo seriamente alla felicità … quella vera? In un tempo in cui si è attratti da tanti paradisi artificiali, si rischia di accontentarsi del poco, di avere un’idea “in piccolo” della vita beata. Non possiamo “vivacchiare”, ma vivere!
·         Dobbiamo avere il coraggio di essere veramente felici sul serio. «Dite no alla cultura del provvisorio, della superficialità e dello scarto, che non vi ritiene in grado di assumere responsabilità e affrontare le grandi sfide della vita!» (Papa Francesco).
·         A questo proposito Fedor Dostoevskij, ne I fratelli Karamazov, presenta il racconto de Il Grande Inquisitore: «Ma tu non hai voluto privare l’uomo della sua libertà e hai rifiutato questa proposta di satana perché hai pensato: dove sarebbe la libertà, se il consenso fosse comperato con il pane?». La parabola del Grande Inquisitore ci racconta di come l’uomo abbia paura di quelle cose in relazione alle quali è messo di fronte a una scelta complessa e ardua, preferisce il "si fa così” anzichè “io scelgo di fare così”, preferisce quasi essere comandato, seguire le mode cosiddette imperanti.
·         Nelle Beatitudini evangeliche ci imbattiamo in un programma di vita “nuovo, puro e intenso” e un modello di felicità contrario alla logica del mondo. Quelli che Gesù chiama “beati” il mondo li definisce “inutili, perdenti”. Il mondo glorifica “il successo ad ogni costo, la ricchezza, il potere” e “l’affermazione di se stessi a scapito degli altri”.
·         Gesù, invece, ci offre una definizione molto differente dell’essere beato: mostra la via per la vita e la felicità autentica. Anzi, è Gesù stesso la “via” e attraverso la sua esistenza ci ha mostrato concretamente come vivere ciascuna delle Beatitudini.
·         Afferma Ignazio Silone: «Se il cristianesimo viene spogliato delle sue cosiddette assurdità per divenire gradito al mondoe adatto all’esercizio del potere, cosa ne rimane? La ragionevolezza, il buon senso, le virtù naturali esistevano già prima di Cristo e si trovano anche ora presso molti non cristiani. Che cosa ci ha portato Cristo in più? Appunto alcune apparenti assurdità. Ci ha detto: amate la povertà, amate gli umiliati e gli offesi, amate i vostri nemici, non preoccupatevi del potere, della carriera, degli onori, delle cose effimere, indegne di anime immortali». Cosa resta della croce di Gesù se essa,intarsiata di gemme, viene incastonata in una corona d’oro?
·         Chi sono i “poveri in spirito”? Essi sono coloro che avendo posto in Dio ogni speranza, sono disponibili” all’impossibile di Dio”, sono disponibili a far proprie le “logiche illogiche” del Vangelo. L’atteggiamento che il Signore ci chiede è quello di spalancare il nostro cuore al mistero di Dio, che ci rende semplici e umili, che ci fa capaci di affidamento, di abbandono, di attesa di Dio.
·         Pertanto chi possiede, chi è sicuro di sé, chi è barricato nei suoi privilegi e teme sempre di essere disturbato e di veder vacillare il trono che si è conquistato, si chiuderà di fronte alla proposta nuova e coraggiosa del Vangelo.
·         Chi invece ha imparato a non contare su se stesso – è costui il “povero in spirito” - chi ha imparato a conoscere la fragilità umana è aperto alla novità del Regno. Il messaggio di Gesù non è “oppio dei popoli”, ma è adrenalina per i popoli, è ciò che mette in circolo energie, forze vitali capaci di cambiare la società, di subire la persecuzione a causa della giustizia.
·         L’umanità può essere salvata solo da uomini che rifiutano la forza, che proclamano con l'attenzione al prossimo (con la compassione verso lo sventurato), che è possibile opporre alla forza bruta una forza più grande, “la forza dell’amore”.
·         Il grande Rabbi Sussja, in punto di morte, proferì le seguenti parole: «Nel mondo futuro non mi si chiederà: "Perché non sei stato Mosé", mi si chiederà invece "Perché non sei stato Sussja?». Diventare noi stessi, affinché Dio possa parlare attraverso le nostre parole, le nostre azioni e i nostri pensieri, è questo il modello di vita che Gesù ci propone e per il quale anche noi saremo chiamati “beati”.
·         Anche nel quotidiano della tua vita, non ti viene chiesto conto del fatto che tu abbia o no eguagliato grandi personaggi, ma se sei stato fedele a quello che sei, se hai saputo riconoscere e condividere il meglio di te stesso.
·         Diventare ciò che siamo significa vivere la nostra vita personale da protagonisti, in prima persona, se ciò non lo facciamo accadere, non saremo liberi, né tantomeno beati.
(DON UMBERTO COCCONI)

Nessun commento: